La storia di Charlie Chaplin che perde a un concorso di sosia di sé stesso è una di quelle curiosità che viene raccontata da decenni come se fosse un fatto realmente accaduto. Immagina la scena: il leggendario attore del cinema muto si presenta in incognito a un concorso per imitatori del suo celebre personaggio Charlot e… non vince nemmeno!
È una storia perfetta, quasi troppo bella per essere vera. E infatti, come molte leggende urbane affascinanti, anche questa non ha alcun fondamento storico. Ma perché questa storia continua a circolare? E come è nata questa curiosa leggenda che ha resistito al tempo?
La leggenda metropolitana del “Chaplin sconfitto”
Secondo la versione più diffusa del racconto, Charlie Chaplin avrebbe partecipato in incognito a un concorso per sosia di sé stesso, classificandosi in posizioni tutt’altro che lusinghiere. Le varianti sono numerose:
- In alcune versioni, sarebbe arrivato terzo in un concorso a Montecarlo
- In altre, si parla di un ventesimo posto in una competizione negli Stati Uniti
- Esiste persino una versione in cui Chaplin si sarebbe classificato ventisettesimo
La prima traccia documentata di questa storia risale al luglio 1920, quando il “Sheffield Evening Telegraph” pubblicò un articolo intitolato “How Charlie Chaplin Failed”. Il pezzo raccontava che Lord Desborough avrebbe riferito una confidenza di Mary Pickford: durante una fiera americana, Chaplin avrebbe partecipato a un concorso di imitatori della sua camminata, senza i caratteristici baffetti e le scarpe, classificandosi ventesimo.
Perché questa storia ha avuto tanto successo?
Il fascino di questa leggenda risiede nella sua perfetta ironia. L’idea che il vero Chaplin non fosse riconosciuto come il “miglior Chaplin” solletica la nostra immaginazione e ci racconta qualcosa di profondo sulla fama e sull’identità.
La storia è diventata un esempio classico dell’ironia della celebrità: l’originale che perde contro le sue imitazioni. È un racconto che sembra dirci che a volte l’immagine pubblica di una persona diventa qualcosa di completamente separato dall’individuo reale.
Non sorprende che la leggenda sia sopravvissuta per oltre un secolo, venendo citata persino in film come “Slevin – Patto Criminale” del 2006, in cui Bruce Willis menziona proprio questa storia.
La smentita: Chaplin dice la sua
Se stai ancora credendo a questa affascinante storia, è il momento della verità. Lo stesso Charlie Chaplin smentì personalmente l’aneddoto in un’intervista alla rivista “Life” nel 1966. Alla domanda se avesse davvero partecipato a un tale concorso, rispose:
“Perché avrei dovuto farlo? Passo tutto il giorno a lavorare e certamente non vorrei fare anche questo [partecipare ad un concorso di sosia].”
Gli archivi ufficiali dedicati all’attore confermano che questa è solo una leggenda metropolitana, nata dalla stampa degli anni ’20 e mai supportata da fonti affidabili.
I veri concorsi dei sosia di Chaplin
Ciò che è vero, invece, è che nei ruggenti anni ’20 i concorsi di sosia delle star del cinema erano estremamente popolari. I contest dedicati al personaggio di Charlot si tenevano in tutto il mondo, dalle Filippine alla Grecia, dal Cile agli Stati Uniti.
Questi eventi erano un fenomeno culturale importante nell’epoca d’oro del cinema muto. Gli imitatori si sforzavano di replicare perfettamente la caratteristica camminata, i movimenti e l’aspetto del vagabondo più famoso del mondo. Ma in nessuno di questi eventi è stata mai documentata la presenza del vero Chaplin come concorrente.
Dalla bufala alla riflessione
Questa leggenda ci insegna quanto sia facile per una semplice notizia non verificata trasformarsi in un “fatto” universalmente accettato. Prima di Internet, prima dei social media, il meccanismo delle fake news era già perfettamente funzionante.
La storia di Chaplin che perde al suo stesso concorso di sosia ci ricorda come spesso preferiamo una buona storia alla verità. L’aneddoto è così divertente, così perfetto nella sua ironia, che continuiamo a raccontarlo anche sapendo che probabilmente non è mai accaduto.
E forse c’è una lezione ancora più profonda in questa vicenda: le nostre identità pubbliche, le maschere che indossiamo, possono diventare così potenti e definite da sembrare più “autentiche” delle nostre vere personalità. Proprio come un imitatore di Chaplin potrebbe apparire “più Chaplin” del vero Chaplin.
Altre leggende metropolitane del mondo del cinema
La storia di Chaplin non è l’unica leggenda metropolitana del mondo dello spettacolo. Esistono innumerevoli aneddoti simili su altre celebrità che, seppur privi di fondamento, continuano a essere raccontati:
- Walt Disney congelato dopo la morte
- Il fantasma di una bambina visibile in una scena de “Il Mago di Oz”
- Marilyn Monroe con sei dita dei piedi
Come la storia di Chaplin, queste leggende persistono perché sono affascinanti, memorabili e in qualche modo sembrano rivelare una “verità” nascosta sui personaggi famosi che amiamo.
La prossima volta che sentirai una storia incredibile su una celebrità, ricorda il caso di Charlie Chaplin e il suo presunto concorso di sosia: non tutto ciò che viene raccontato come un fatto curioso ha realmente avuto luogo, anche se continueremo a raccontarlo perché, in fondo, è una storia troppo bella per essere abbandonata.
Ma che storia assurda, sembra che le leggende antiche fossero più forti anche delle fake news moderne! Ora mi viene proprio voglia di saperne di più sulle bufale vecchie, sono meglio delle chiacchiere da bar. L’antico batte il moderno pure nelle storie inventate, incredibile!
Mah guarda, oggi la gente crede a tutto quello che sente, anche se è solo una bella barzelletta. Tutte queste storie sembrano vere perché fa comodo pensarci, ma la realtà è proprio diversa. Costa fatica pure oggi trovare uno che sia l’originale, figuriamoci replicare qualche mito del passato. Una volta costruire certe leggende costava solo un po’ di fantasia, adesso ci vorrebbe un capitale per fare una cosa simile! Comunque a me piace ancora raccontarla sta storia, è troppo simpatica.
Sempre la stessa storia, la gente si beve tutto quello che sente! Ma oh, almeno ste leggende fanno ridere davvero, meglio così.